«Guardatevi dai pagani» – «Fate discepoli i pagani»: evoluzione di una prospettiva nel Vangelo di Matteo

Il Mantello della Giustizia – Marzo 2017

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di Stefano Tarocchi  Il primo vangelo nell’ordine del canone neotestamentario ha una struttura particolare, con cinque grandi discorsi, che vengono paragonati ai cinque libri di Mosè, ossia il Pentateuco.

Papia, vescovo di Ierapoli, una città la cui rovine si trovano nell’attuale Turchia (70-130 d.C.), scrive che «Matteo ordinò i detti (loghia) in lingua ebraica. Ciascuno poi li interpretò come ne era capace». Secondo s. Ireneo di Leone (140-200) «Matteo, tra gli Ebrei nella loro propria, lingua pubblicò un Vangelo scritto, mentre Pietro e Paolo evangelizzavano Roma e fondavano la chiesa». E Origene (185-254) aggiunge: «come ho appreso dalla tradizione riguardo ai quattro Vangeli, che soli sono ammessi senza controversia nella chiesa di Dio che è sotto il cielo: per primo fu scritto secondo Matteo, che era stato pubblicano, poi apostolo di Gesù Cristo, pubblicato per i credenti provenienti dal giudaismo, composto in lingua greca».

Tornando ai discorsi di cui abbiamo detto, il primo di questi è quello pronunciato davanti alla folla ed ai discepoli e, aperto dalla proclamazione delle otto beatitudini (più una nona ulteriore): il celeberrimo discorso del Monte, o della Montagna. Al suo interno, mentre l’evangelista riferisce il punto di vista di Gesù sulle pratiche della pietà del suo popolo (“elemosina”, “preghiera” e “digiuno”) leggiamo: «pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole» (Mt 6,7). Gesù così conclude: «non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate» (Mt 6,8).

Alla lettera quest’insegnamento, coronato dalla preghiera del Padre Nostro, mette in guardia contro un vano inutile blaterare sillabe inutili, o un torrenziale elaborato sfoggio di parole, con cui i pagani credono di poter essere ascoltati solo per il fatto di aprire bocca. Anche gli antichi consideravano inutile una preghiera che arriva fino a mettere alla prova la pazienza della divinità. È il concetto dello “stancare gli dèi” con interminabili richieste.

È proprio il riferimento ai «pagani» a cogliere la nostra attenzione. In questo vangelo infatti essi vengono esclusi dalla missione dei discepoli del Signore avanti la sua Pasqua: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele» (Mt 10,5-6). Mentre dopo la risurrezione, Gesù convoca sul monte (ancora una volta!) e a loro comanda: Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli [ossia «i pagani»], battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20).

Nello stesso discorso della montagna prima Gesù aveva detto, parlando di un atteggiamento nuovo che deriva direttamente dall’insegnamento dell’amore per i nemici: «E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?» (Mt 5,47). Al termine dello steso discorso, come complemento dell’atteggiamento da tenere verso la provvidenza, e quindi dall’evitare ogni preoccupazione eccessiva, Gesù dice: «Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,32-33).

Peraltro, seguendo il filo dello stesso vangelo, nel secondo discorso, leggiamo «Sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani» (Mt 10,18). Si tratta delle istruzioni lasciate ai dodici apostoli nella loro missione.

Infine, nell’ultimo discorso, proprio mentre Gesù sale a Gerusalemme, a proposito di quanto lo attende nella città santa, dirà del Figlio dell’Uomo che «lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà» (Mt 20,19). Un legame sottile unisce lo stesso Gesù e coloro che invia ad annunciare il Vangelo, prima al popolo d’Israele e poi ad ogni creatura umana.

Infatti, se nella visione iniziale del vangelo secondo Matteo, i pagani sono in origine la dimensione da cui i discepoli del Vangelo devono guardarsi e prendere le distanze, quando la comunità assume un nuovo orizzonte, come ad esempio nell’invio missionario post-pasquale (ma anche nella finale del libro degli Atti: «Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni [ossia i «pagani»], ed esse ascolteranno!»: At 28,28), i popoli stranieri, i «pagani» si vedono inopinatamente aperta la porta per essere accolti, mediante il battesimo, nella comunità dei discepoli di Gesù, la Chiesa.

È la stessa visione dell’apostolo Paolo, come questi dirà nella lettera ai Galati: «a me era stato affidato il Vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi (Gal 2,7).

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